Il governo Goebbels by Giovanni Mari

Il governo Goebbels by Giovanni Mari

autore:Giovanni Mari [Mari, Giovanni]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Lindau


Signor ministro, come comandante in capo della Difesa accetterei la capitolazione. Il combattimento nella città è diventato assurdo e ogni ora muoiono centinaia di persone. Mi permetta di farle notare che siamo debitori al popolo tedesco di questa decisione. Propongo di riprendere il contatto con i sovietici, si tratta di impedire un ulteriore spargimento di sangue197.

Goebbels fu irremovibile e disse: «Il Führer ha vietato di arrendersi». Fu in quel momento che Weidling esplose nella sua impossibilità di comprendere: «Ma il Führer non è più vivo! La Storia non ci biasimerà per non aver obbedito alla volontà di un suicida che ci ha abbandonato in una situazione terribile». Una considerazione estremamente lucida, che però trovò l’immediata replica del presunto cancelliere: «Il Führer ha detto per tutta la sua vita che la lotta dovrà durare fino all’ultimo secondo e io non voglio arrendermi». Weidling ebbe una reazione incontrollabile, scosse il capo, disse che a quelle condizioni non poteva più restare nel bunker ed uscì dalla stanza. Krebs tentò di fermarlo e lo seguì nel corridoio, ma il generale gli consigliò di seguirlo al suo posto di comando. Krebs lo raggelò e rispose che sarebbe rimasto nel bunker fino all’ultimo istante e che poi si sarebbe sparato un proiettile in fronte, informandolo che anche Goebbels aveva preso la stessa decisione198. Weidling scrollò le spalle.

Poco dopo Krebs – che dopo essere rimasto per settimane ostaggio del bunker aveva appena potuto toccare con mano la devastazione di Berlino, la forza dei sovietici e la potenza che si sarebbe presto scaricata su quel che restava della capitale – convinse Goebbels a ripristinare l’ordine di evacuazione in piccoli gruppi. Valeva sempre l’obbligo formale di combattere e resistere ovunque, quando possibile e a patto di far discendere ogni azione dalle decisioni e dagli ordini del bunker, e di agire in stretto contatto. E soprattutto alla condizione di riprendere a combattere appena raggiunti i boschi attorno a Berlino.

Weidling capì al volo: abbozzò e si attrezzò per eseguire il piano quella sera, con 24 ore di ritardo199, sapendo perfettamente, come sapeva Krebs, che una volta usciti da Berlino le truppe non avrebbero più combattuto. La situazione, però, come sarà specificato in seguito, era talmente precipitata da rendere impossibile anche quell’operazione.

***

Rientrato nella sala piccola delle conferenze, l’ultimo ufficio del cancellierato del Terzo Reich, Krebs si fece incontro a Bormann e Burgdorf per firmare il protocollo per Dönitz che nel frattempo Traudl Junge aveva battuto usando la macchina da scrivere del Führer, quella con i caratteri enormi. Goebbels chiamò anche Mohnke: prima gli chiese, vista la situazione, di passar sopra a eventuali screzi tra i gerarchi, specie relativamente ai programmi di fuga di Bormann; poi gli chiese di firmare anch’egli il protocollo, in qualità di comandante della difesa della Cancelleria. Ovviamente Mohnke accettò, anche se non aveva discusso la sua stesura. Era un verbale di una sola pagina, che spiegava succintamente il rifiuto alle proposte di trattativa avanzate dai russi in quanto avrebbero implicato la capitolazione. Le firme furono cinque, in quest’ordine: Goebbels, Bormann, Krebs, Burgdorf, Mohnke.



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